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Gruppo di Libroterapia condotto dalla Dott.ssa Sabrina Ciuffreda
L’obiettivo del percorso è prendere contatto ed esplorare alcune emozioni “difficili” attraverso 8 incontri con frequenza mensile. Ogni incontro dura 2 ore.
Dedicato alla formazione del gruppo e ad individuare gli obiettivi personali.
Cantami, o Diva, del pelide Achille
l’ira funesta che infiniti addusse lutti
agli Achei, molte anzi tempo all’Orco
generose travolse alme d’eroi,
e di cani e d’augelli orrido pasto
lor salme abbandonò (così di Giove
l’alto consiglio s’adempìa), da quando
primamente disgiunse aspra contesa
il re de’ prodi Atride e il divo Achille
Omero Iliade
Il primo testo letterario dell’Occidente nasce per narrare “l’ira funesta del pelide Achille”: la centralità e la potenziale distruttività di questa emozione è tutta in questo incipit.
La rabbia è un’emozione primordiale e ha una funzione adattativa, quella di difendersi dalle situazioni vissute come scorrette. La rabbia è disadattativa, disfunzionale o patologica, quando crea sofferenza individuale, oppure compromette le relazioni sociali e spinge a compiere azioni dannose verso persone, cose o verso se stessi per rappresaglia, rivalsa, vendetta. La rabbia ha diverse sfumature, può essere agita o soffocata, utilizzata in modo funzionale serve per asserirsi.
E a te cosa dice la rabbia? Cosa succede quando ti senti arrabbiato? Come la utilizzi?
La prima regola di Clay di Giuseppe Munforte, Il giovane Holden, J D Salinger)
“Dicono che gli amici si vedono nelle difficoltà, quando hai bisogno e l’amicizia si giudica col metro della borsa (…). Io dico invece che gli amici li vedi nella fortuna, quando le cose ti vanno bene, e l’amico rimane indietro e tu vai avanti e ogni passo avanti che fai per l’amico è un rimprovero o addirittura un insulto. Allora lo vedi, l’amico. Se ti è veramente amico, lui si rallegra della tua fortuna, senza riserve (…). Ma se non ti è veramente amico, il tarlo dell’invidia gli entra nel cuore e glielo rode.”
Alberto Moravia Tratto da: Nuovi racconti romani – Bompiani
E’ un’emozione che nasce dal confronto con l’altro rispetto al quale si può esperire un sentimento di mancanza, di rivalità e senso d’inferiorità. Può insorgere in tutte le situazioni in cui si desidera possedere “un bene, una qualità o una condizione che impone un confronto tra il soggetto, frustrato nel suo desiderio e chi invece lo possiede” (D’Urso, 2013): tale mancanza è spesso attribuita a proprie carenze personali oppure può indebolire la propria immagine di sé, e di conseguenza aumentare il senso di inferiorità. l’invidia è un’emozione altamente stigmatizzata nella nostra cultura, è l’emozione di cui si parla meno e di cui si è meno consapevoli.
Stando a quanto sostiene Spinoza, chi è preda dell’invidia è anche capace di trarre una certa soddisfazione da questo stato d’animo, soddisfazione che spiegherebbe sia la sua diffusione statistica sia la sua persistenza nel tempo nella vita degli stessi individui. Galimberti sembra ricondurre una simile soddisfazione al fatto che l’invidia costituisce «un meccanismo di difesa, un tentativo disperato di salvaguardare la propria identità quando si sente minacciata dal confronto con gli altri. Un confronto che l’invidioso da un lato non sa reggere e dall’altro non può evitare, perché sul confronto si regge l’intera impalcatura sociale».Quindi, parafrasando ancora Spinoza, Galimberti ci ricorda come questo sentimento tenda «a contrarre l’espansione degli altri per l’incapacità di espandere se stessi, per cui è un’implosione della vita, un meccanismo di difesa che, nel tentativo di salvaguardare la propria identità, finisce per comprimerla, per arrestarne lo slancio».
Cosa accade a me quando l’Altro possiede o raggiunge una meta che io credo di non poter riuscire a possedere o raggiungere?
Il ladro e i cani di Nagib Mahfuz, Otello di Shakespeare, I Miserabili di Victor Hugo, Billy Budd di Melville
E’ con questo desiderio io suscito in lui la ripulsione e lui in me il risentimento, e non può essere altrimenti. Non so forse io che egli non si metterebbe a ingannarmi, che non ha intenzioni sulla Sorokina, che non è innamorato di Kitty, che non mi tradirà? Tutto questo lo so, ma non per questo sto meglio.
(Lev Tolstoj, Anna Karenina)
Sono geloso di ciò che è oscuro, inconscio, di quello per cui è impensabile una spiegazione, che non si può prevedere.
Sono geloso degli oggetti della tua toilette, delle gocce di sudore sulla tua pelle, delle malattie infettive portate dall’aria, che possono attaccarsi a te e avvelenarti il sangue.
(Boris Pasternak)
E’ un’emozione complessa e molto frequente che può essere definita come un modo di reagire alla percezione che un’importante relazione interpersonale oppure un oggetto sia minacciata/o da altri. Spesso la gelosia è caratterizzata da un forte sentimento di possessività nei confronti dell’altro e quindi dalla convinzione di avere il diritto di vietare o imporre i comportamenti desiderati. Alcuni autori (Schmitt, 1988) evidenziano che il Rivale più temuto è colui che possiede le caratteristiche positive che si avvicinano al proprio Se’ ideale, piuttosto che all’ideale della persona amata.
Giancarlo Dimaggio identifica due radici della gelosia. La prima è il senso di vulnerabilità, inferiorità. Le azioni del geloso (controllo, investigazioni, aggressioni e vendette) nascono da lì, dal proprio senso di inferiorità. Costruire grandi case in mura di orgoglio e intonare inni al proprio valore servono ad allontanare la vulnerabilità. Se c’è qualcuno da accusare, il geloso scaccia l’idea strisciante di appartenere ad una genia di reietti. Gode del vigore che dà il combattere il nemico invece di sentirsi una nullità.
La seconda radice è più vicina a una forma di relazione oggettuale, il modo in cui nella mente si prevede andranno i rapporti. Di solito funziona così: si brama l’amato ma si teme di non essere alla sua altezza e che qualcuno più potente lo conquisterà. L’angoscia è insostenibile. La vita affettiva si plasma intorno al bisogno di controllare la perdita temuta.
Quando il possesso o l’esclusiva del possesso di qualcosa o di qualcuno di prezioso sono messi a repentaglio, la mia autostima, la mia stessa identità è minacciata?
Cime tempestose, Emily Bronte, la sposa bianca di Ousmane, Mariama Bà
Prima di me, Julian Barnes
Ho riletto di recente il folgorante finale del Processo di Kafka, eccolo:
“Ma sulla gola di K. si posarono le mani di uno dei signori, mentre l’altro gli spingeva il coltello in fondo al cuore e ve lo rigirava due volte. Con gli occhi che si spegnevano K. vide ancora come, davanti al suo viso, appoggiati guancia a guancia, i signori scrutavano il momento risolutivo.
«Come un cane!», disse, fu come se la vergogna gli dovesse sopravvivere”.
La vergogna si presenta come un senso sgradevole di essere esposti, nudi,i trasparenti. Quando si prova vergogna si ha la percezione di essere stati scoperti e di conseguenza si vorrebbe diventare invisibili, sparendo per sempre dagli sguardi altrui.
Perché ci vergogniamo? Ci vergogniamo per qualcosa che si è commesso o per quello che si è, per quello che si ha o non si ha, per i propri pensieri, le proprie emozioni, il proprio corpo, per un segreto familiare, ci vergogniamo per qualcosa che si è commesso o per quello che si è, per quello che si ha o non si ha, per i propri pensieri, le proprie emozioni, il proprio corpo, la propria famiglia.
La vergogna provoca profondo senso d’inferiorità, che può minacciare il senso d’identità della persona.
La vergogna può dare indicazioni a ciascuno di noi su ciò che è giusto, su ciò che è bene, la vergogna ci impone dei limiti, porta un messaggio, non è solo una dolorosa emozione da eliminare.
La macchia Umana di Philip Roth, Il Processo, Kafka, I sommersi e i salvati, Primo Levi, Lord Jim, Conrad, Coetze, La vergogna Anne Ernaux, Vergogna
La più efficace definizione della Paura è di uno scrittore francese, Chevallier, eccola: “ la Paura è la ripugnanza del nostro corpo verso tutto ciò per cui non è fatto” (Gabriel Chevallier, La Paura).
A ribadire che la paura è un’emozione che coinvolge il corpo, il fisico in modo potente e determinante ecco un’altra scena tratta dal romanzo di Lia Levi, Questa sera è già domani:
“ Strano, riesce a pensare Alessandro nel lampeggiamento che forse precede la fine, ha sempre pensato che la paura sia una sensazione della psiche come il dolore o l’amore, non che aggredisca invece così brutalmente il fisico. Il sangue gli si è rappreso in un unico blocco di ghiaccio, gli occhi vengono attraversati a tratti da bagliori di una luce verdognola, in bocca il sapore di chi sta masticando ferro. E di gelido metallo è la canna della grossa pistola che il milite fascista , cane lupo al guinzaglio che tenta nervoso di liberarsi, gli tiene puntata alla tempia.”
E’, quindi, un’emozione di difesa,
La Paura è la nostra emozione più arcaica, più primitiva, ma soprattutto la più importante. Rappresenta, infatti, una della quattro emozioni di base (insieme a rabbia, dolore e piacere) che nessun individuo può evitare di provare. Inoltre è una risorsa necessaria per la nostra sopravvivenza perché ci allerta di fronte a reali pericoli e ci permette di affrontare determinate situazioni rischiose. Quindi senza una dose di paura naturale non si sopravvive; quando però supera una certa soglia, diventa patologica e lo diviene quando diventa limitante, quando impedisce di esprimersi o di fare esperienze
E io: quando ho paura? Sono in una situazione di pericolo è reale? La paura che provo è anticipata dalla previsione? Evocata dal ricordo o prodotta dalla fantasia? ( La paura di Gabriel Chevallier Gipi, Una Storia, Lia Levi, Questa sera è già domani
Cos’è la gioia? Quando gioisco? So condividerla?
“Quando si vuol tenere per sé una cosa precisa, tutto il resto sfugge, mentre staccandosene, si può godere di tutto, senza possedere niente in particolare”
“Tutto ciò che non viene donato va perduto!”
Dominique Lapierre
La gioia è come il volo.
(Emily Dickinson)
La gioia e l’amore sono le ali per le più grandi imprese
(Goethe)
La gioia è la più semplice forma di gratitudine.
(Karl Barth)
La ricchezza, la bellezza, tutto si può perdere, ma la gioia che hai nel cuore può essere soltanto offuscata.
(Anna Frank)
La più grande gioia nella vita è la convinzione di essere amati
(Victor Hugo)
La gioia richiede più abbandono, più coraggio che non il dolore. Abbandonarsi alla gioia significa appunto sfidare il buio, l’ignoto.
(Hugo Von Hofmannsthal)
La Magnifica, Arnaldo Colasanti, La città della gioia, Dominique Lapierre Lasciami sola, Marceille Sauveaugeot la resurrezione di Van Gogh, Munforte
Amore e ginnastica, edmondo de amicisl
Il disprezzo: gli occhiali d’oro, Giorgio Bassani
Verifica del percorso di gruppo e degli obiettivi personali.
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