Il mio ricordo di Anna Frank

Il mio ricordo del Diario Anna Frank: le zone d’ “ombra”

Ho letto il Diario all’età di 11 anni. Me lo regalò “la mia sorellina” per un compleanno, conservo ancora la sua delicata dedica impreziosita da una tenue cornicetta con fiorellini rosa.

Il Diario colpì la mia immaginazione e il mio animo di bambina.

Lo scritto di Anna mi ha toccata per l’umanità, la bellezza, la sintonia che sentivo per una bambina della mia stessa età rinchiusa, esclusa, perseguitata. Il mondo che ho immaginato fluire e muoversi intorno ad Anna mi pose domande che ancora attendono risposte.

Chi erano le persone che hanno aiutato i Frank rischiando di essere scoperte e denunciate? E chi ha segnalato la sua presenza e quella dei suoi familiari nell’alloggio segreto tradendoli? Con quale insopportabile peso ha poi condotto la sua esistenza? Ma domande ancor più difficili si affollarono e si affollano tutt’ora nello scoprire la realtà del nazismo e dei terribili campi.

I nazisti e le SS che avevo immaginato simili ai mostri delle favole scoprii ben presto che erano persone del tutto “normali”, del tutto simili agli adulti intorno a me, non creature deformi a tre teste. Ricordo lo stupore infinito nel momento in cui chiesi a mio padre chi fossero i nazisti e la sua risposta semplice, diretta, inequivocabile: “I tedeschi”, gente come noi, che aveva moglie, figli, una casa.

La complessità della mente umana e la potenza del Male fecero un’irruzione dolorosa nella mia vita.

Capii che il Male non era relegato in un angolo, circoscritto e ben identificabile. Non era e non è così.

Le letture successive, ad es. Hannah Arendt, i referti psichiatrici dei gerarchi nazisti redatti per il processo di Norimberga, gli scritti e i romanzi di autori che si sono occupati del “come sia possibile” hanno confermato questa terribile verità, non c’è un “altro” irrimediabilmente cattivo, come mi sarebbe piaciuto credere da bambina, c’è una possibilità intrinseca all’essere umano di concepire e fare il Male.

La sconcertante normalità di Eichman (La banalità del Male, Hanna Arendt) parla alla nostra normalità, alla fragilità della nostra psiche, alle zone d’ombra da accogliere e con cui venire a patti. Lasciar agire la paura, coltivare l’odio, restare indifferenti davanti alla sofferenza dell’altro, alzare impotenti le spalle sulle ingiustizie di oggi sono segnali importanti su cui interrogarsi. Il Diario di Anna, il suo sguardo bambino su un incomprensibile mondo “dei grandi” è lo sguardo che ciascun adulto può recuperare in sé, quello sguardo può guidare le nostre scelte e orientare il nostro sentire, quello sguardo rende immortale Anna Frank e il suo Diario.

Alcune letture tra le moltissime sull’argomento:

  • Hanna Arendt, La banalità del Male, Universale economica Feltrinelli
  • Leon Goldensohn, I taccuini di Norimberga, il Saggiatore
  • Fred Uhlman, L’amico ritrovato, Universale economica Feltrinelli
  • Rosetta Loy, La parola ebreo, Giulio Einaudi ed.
  • Bruno Bettelheim, Il prezzo della vita, tascabili Bompiani ed.
  • Primo Levi, Se questo è un uomo, Feltrinelli ed.
  • Primo Levi, La tregua, Feltrinelli ed.
  • Lia Levi, Questa sera è già domani, Edizioni E/O
  • Zygmunt Bauman, Le sorgenti del Male, Erickson saggi sociali ed.

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Psicologa Psicoterapeuta