L’abbandono

Letteratura e psicoterapia: Lasciami sola, Marcelle Sauvageot

Questo breve racconto intimo illustra il processo di cui spesso siamo testimoni  in un contesto  terapeutico, il percorso dalla situazione traumatica alla possibilità di tornare a gustare la vita elaborando il dolore. Cogliere questa possibilità attraverso la letteratura credo sia un dono immenso, a disposizione di chiunque e che chiunque può fare a se stesso.

 “La chiaroveggenza è il solo vizio che renda liberi. Liberi in un deserto”. Cioran

«Tutti parlano di teorie, di dottrine, di religioni, insomma di astrazioni; nessuno di qualcosa di vivo, di vissuto, di diretto. La filosofia e il resto sono attività derivate, astratte nel peggior senso della parola. Qui tutto è esangue. (…) D’altro canto gli uomini non cercano più il senso della vita partendo dalle loro esperienze, ma muovendo dai dati della storia o di qualche religione. (…)  Bisogna cercare tutto in se stessi, e se non si trova ciò che si cerca, ebbene, si deve lasciar perdere. Quello che mi interessa è la mia vita. Per quanti libri sfogli, non trovo niente di diretto, di assoluto, di insostituibile. Dappertutto è il solito vaniloquio filosofico. »(Quaderni 1957-1972)

Questo brano è di Emil Cioran, filosofo romeno (Rasinari, 8 aprile 1911-Parigi, 20 giugno 1995), per il quale la letteratura ebbe una funzione “terapeutica”. Egli non amò tanto la scrittura in quanto atto poietico, ovvero in quanto produttrice di un’opera finita, ma in quanto activitas che (…)consente la vivibilità della vita. (intervista a Cioran, in M.A. Rigoni, In compagnia di Cioran, Padova “Il notes magico, 2004 pp77-87

Riporto queste osservazioni in quanto sottolineano il potere di cura della letteratura e della scrittura e mi sembra  si adattino come un buon vestito all’opera di Marcelle Sauvageot, “Lasciami sola”.

E’ un resoconto intimo breve, la storia delle più comuni, una donna, malata, viene lasciata dal suo uomo, che preferisce sposarsi per condurre una vita “normale”.

A rendere questo piccolo testo straordinario è l’acume psicologico e introspettivo dell’Autrice, che con il tocco leggero del linguaggio aderente all’esperienza, diretto, sincero, nudo, mette sulla carta la sua anima e permette al lettore di sussultare con il cuore dell’autrice e di incunearsi in quell’inestricabile labirinto che è l’amore e il legame tra due persone.

Marcelle rievoca la relazione amorosa, il momento dell’abbandono: “Mi sposo…la nostra amicizia continuerà”, i giorni dell’illusione, quando continua a vivere l’Altro “nel modo in cui io avevo bisogno che fossi”, i giorni dell’attesa sfiancante e infine il momento della resa, quando riceve per Natale una nuova proposta di amicizia, di incontri da etichetta e bon ton al posto dell’intimità di un tempo. Questa ridefinizione del rapporto che una volta era stato d’amore è inconcepibile per Marcelle e lei sceglie una strada radicale “…oggi non aspetto più. Dovrei esser più sola: sono in preda alla vertigine del vuoto, il mio spirito senza amore si sente mancare al pensiero dei deserti giorni a venire”.

Eppure Marcelle trova lo spiraglio che le permetterà di ritrovare il desiderio di vivere, di ballare, di baciare un uomo. Chiusa in un sanatorio, abbandonata dall’uomo amato, nel momento in cui smette di cercarlo, torna in se stessa e sola, come vuole essere, si ritrova e recupera la consapevolezza  di poter contare su di sé: “Sono tornata in me, e con me lotterò per andare avanti”.

E come mai “tornare in sé” rappresenta uno spiraglio di guarigione?

Rivolgersi al Sé permette di assumersi la responsabilità del proprio stato emotivo-cognitivo-fisico, ascoltarsi, immergersi in esso, farsi attraversare anche dal dolore e da tutte le convinzioni negative che comporta “Lasciami soffrire, lasciami guarire, lasciami sola” scrive Marcelle.

Sembra che a noi arrivi, attraverso quelle poche parole, il suo sussurro doloroso ma vitale.

Con lo sguardo della terapeuta aggiungo una piccola considerazione: lasciar scorrere il dolore permette di riattivare il Sistema automatico di guarigione, un sistema adattativo, che consente alla persona di guardare alla vita con occhi nuovi e di trovare nuove soluzioni. Forse potrà sembrare strano accostare un testo letterario ad una pratica clinica, eppure la vicenda di Marcelle illustra  il processo che in terapia viene attivato e ricercato in modo da poter usufruire, incrementare, a volte costruire nuove possibilità evolutive. Il terapeuta accompagna in modo gentile la persona ad esplorare il proprio stato emotivo-cognitivo-fisico, anche quando accadono eventi che sembrano o sono causati da “Altri”. In quel momento è possibile rendersi conto di quanto sia  inattuabile e vano modificare quello che sente-pensa-fa l’ “Altro”, e si apre l’opportunità  di decidere che l’unica strada percorribile sia  rivolgersi al Sé, elaborare il dolore, a volte trovarne le radici antiche, e orientarsi  di nuovo alla vita e alle nuove possibilità che offre.

Ma le parole di Marcelle sono tanto più incisive e dolci delle mie e con esse voglio concludere:

“Eh, no, non le voglio le tue carezze, e Natale sarà triste solo se lo vorrò io. Ho accartocciato la tua lettera, ed è stata una liberazione. Con quel gesto mi sono scrollata di dosso le tue carezze e le sabbie mobili del passato. Ho ritrovato la mia determinazione, sono pronta ad affrontare la vita senza di te con coraggio; forse è anche più bella senza di te: è nuova…”

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Psicologa Psicoterapeuta