Salute e cura ai tempi del covid

Nel 1948 l’ Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha proposto una definizione di “salute” come “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non semplicemente assenza di malattia o infermità”.

Risulta evidente che  si riconosceva  non  sufficiente l’ “assenza di malattia” per definire lo stato di salute, tuttavia  tale definizione  ha  in sé  un punto debole, parla di “stato” , cioè  fotografa  un momento e non tiene conto della situazione dinamica e mutevole che caratterizza la vita umana.

 La nuova definizione presentata nel 2011 definisce la “salute” come “la capacità di adattamento e di auto gestirsi di fronte alle sfide sociali, fisiche ed emotive”. 

La seconda definizione mette l’accento piuttosto che su un ideale e statico concetto di “salute”, sulle capacità necessarie per affrontare e far fronte alle difficoltà, in modo da mantenere o ripristinare l’equilibrio individuale e il senso di integrità e benessere, fondamentale per salvaguardare la propria unicità e quindi per svolgere una vita personale soddisfacente.

Questa visione dinamica si applica all’ambito fisico,  sociale e mentale.

Dal punto di vista “fisico” un organismo “sano” è capace di mantenere un buon funzionamento di fronte alle sollecitazioni fisiologiche,  è capace di  proteggersi , ridurre i danni potenziali e ripristinare uno stato di equilibrio. La malattia quindi è un danno più o meno permanente che si instaura quando le sollecitazioni sovrastano le capacità di reazione dell’organismo.

Nel   sociale  “salute” è partecipare in modo attivo alla vita comune, svolgere un’attività lavorativa o di studio, sapersi garantire un certo grado di autonomia, essere in grado di  bilanciarsi tra le opportunità offerte dalla società, le risorse e limitazioni personali.

La “salute mentale” è quello stato di benessere che permette ad una persona di realizzarsi, di superare le tensioni della vita quotidiana, di  affrontare  al meglio le difficoltà, la “salute mentale” risulta fondamentale per far fronte alle sfide che la vita presenta.

Quindi può risultare molto utile interrogarsi su quali siano i processi costruttivi che permettono alle persone di “superare le difficoltà”.

Illustrerò il costrutto di Aaron Antonovsky che parla espressamente di “salutogenesi”. 

Innanzitutto pensiamo alla “salute”  come ad un “continuum salute-malattia” in cui ciascuna persona si colloca  in ogni momento della vita. In  tale prospettiva  la “salute” è una ricerca dinamica ed è sempre  possibile quindi disporre, cercare, riappropriarsi di risorse e opportunità  per spostarsi verso il polo del benessere. Antonovsky infatti parla di “risorse generali di resistenza”. Le risorse sono di diverso tipo: interne (fattori biologici, caratteristiche di personalità, atteggiamenti, capacità vitali o life skills) ed esterne (beni a disposizione nel proprio contesto, relazioni, servizi); non ci si riferisce quindi solo a ciò che c’è a disposizione ma piuttosto a ciò che le persone sono in grado di utilizzare e riutilizzare.

Il muoversi in direzione della salute è favorito da quello che Aaron Antonovsky definisce “Senso di Coerenza”.

Per senso di coerenza Antonovsky intende un orientamento generale che si articola in tre componenti: intelligibilità (Sense of Comprehensibility), trattabilità/capacità di autogestione (Sense of Manageability) e sensatezza (Sense of Meaningfulness).

  • Con intelligibilità s’intende la capacità dell’individuo di percepire informazioni e situazioni quotidiane, cioè le esperienze esteriori ed interiori, in maniera ordinata e spiegabile, e di saperle integrare in un unico solido quadro.
  • La trattabilità (o capacità di autogestione) descrive la convinzione dell’individuo che le difficoltà possano essere risolte. Essa  richiede  fiducia nei propri strumenti e  capacità di valutare in maniera realistica la disponibilità di risorse appropriate utili per affrontare le richieste.
  • La sensatezza si riferisce alla misura in cui l’individuo ritiene che la sua vita abbia un senso che la orienta. Essa può essere interpretata come motivazione o sprone a prendere in mano le difficoltà, a superarle, a vedervi un senso e a imparare dall’esperienza.

Secondo l’ipotesi di Antonovsky  il Senso di Coerenza è “un globale, sebbene penetrante, sentimento che qualsiasi cosa accada nella vita essa può divenire comprensibile e può essere gestita. Ci sono anche uno scopo e un significato legati a ogni cosa”, più è marcato il senso di coerenza, più grande è la probabilità di muoversi entro il continuum  in direzione del polo salute. Un forte senso di coerenza sostiene un senso durevole e dinamico di fiducia, induce l’individuo ad attivare risorse adeguate e a reagire in maniera flessibile a richieste e sollecitazioni.

Il costrutto del “senso di coerenza” può  aiutarci a comprendere meglio l’impatto del covid 19 sulle nostre vite, i disagi e le difficoltà che stiamo affrontando e come accedere alle opportunità di cura?

La provenienza del virus, la sua modalità di diffusione, i provvedimenti  adottati per  contenerlo, le possibilità messe in campo per curare e prevenire la malattia, la vaccinazione e  la comunicazione adottata per dare le informazioni necessarie in questa complessa vicenda, in definitiva ogni aspetto di tale evento è stata,  ed è affrontata in modo intellegibile  e coerente in modo da permettere  alle persone  di dare un significato   ai molti avvenimenti accaduti in modo da mobilitare risorse  e incrementare  la capacità di autogestione?

Bisogna iniziare a considerare l’impatto  del virus,  delle misure prese per fronteggiarlo,  della comunicazione adottata per valutare l’influenza  patogena sui singoli e sulla popolazione nel complesso.

Fornisco alcuni dati.

L’irruzione del covid 19  ha di sicuro minato la salute fisica di migliaia di persone, portandone molte, troppe purtroppo a perdere la vita e già la diffusione di lutti dolorosi ha minato l’equilibrio e il benessere di moltissime persone e diffuso un sentimento di paura legato al contagio e alla possibilità di farvi fronte.

Nello stesso tempo le misure prese per arginarne la diffusione ci parlano di un loroforte impatto sul benessere psicologico : sono aumentate le richieste di separazioni e divorzi, si è registrato un aumento nel 2020 del 90% delle chiamate contro la violenza domestica ( dati di Euromonitor International).

La chiusura delle scuole e i suoi effetti sui giovani traspaiono ad esempio dai dati di sintesi del lavoro dei magistrati che raccolgono le comunicazioni di abbandono o interruzione della frequenza con particolari casi come Cagliari e Napoli dove le procuratrici hanno chiesto la collaborazione delle istituzioni, dai Comuni ai servizi sociali  avendo segnalazioni raddoppiate rispetto al 2019.

 Un’indagine Ipsos per conto di Save the children ha evidenziato  che, nel 28 per cento delle classi superiori, ogni studente aveva avvistato l’addio di almeno un compagno. Qui in totale parliamo di oltre 34 mila ragazzi in fuga.

L’Italia, nel 2019 viaggiava su una percentuale di abbandono scolastico del 13,5 per cento, in forte miglioramento nelle ultime stagioni, ma sempre in ritardo sulla media europea (10 per cento). Con il lockdown scolastico, che in alcune zone è stato così lungo da consentire in presenza non più di 40 giorni in totale, si è arrivati al 27 % di dispersione (dati di Save thae Children).

“Altro tema importante, soprattutto negli Istituti professionali e Tecnici, è quello delle competenze mancate perché i ragazzi hanno perso la possibilità di fare i laboratori e stage nelle aziende, aspetti fondamentali per apprendere con la pratica “i ferri “della futura professione.

A farne le spese sono soprattutto i ragazzi più deboli, le cui condizioni sociali e culturali di partenza li ponevano già in una condizione di forte rischio prima del Covid e delle misure di confinamento”. (da “la tecnica della scuola di Dino Galuppi).

E vorrei anche sottolineare quanto abbia inciso e stia incidendo sull’elaborazione del lutto il non aver potuto svolgere un rito funebre, che dalla notte dei tempi caratterizza il distacco dalle persone che hanno accompagnato la nostra vita. Non ho “dati statististici” da mostrare, ma molte osservazioni cliniche che testimoniano a distanza di mesi il perdurare della disperazione e della rabbia per la perdita dei propri cari.

Potrei citare molti altri dati e osservazioni che evidenziano un profondo disagio legato a scelte che se hanno voluto dare priorità alla “salute fisica” di fatto non hanno tenuto conto di tutti gli altri fattori che hanno  e stanno tutt’ora deprivando le persone della capacità di accedere a nuove risorse.

Inoltre mi sembra doveroso sottolineare quanto siano state contraddittorie fin dall’inizio le misure e le informazioni fornite ai cittadini. Faccio qualche esempio: il giorno in cui si annuncia il lockdown nazionale, misura di gravità inaudita, si permette a migliaia di persone di viaggiare in treno dal nord Italia al sud stretti, assiepati in scomparti stracolmi,  si sono ricoverati i malati di covid nelle RSA pur sapendo che proprio gli anziani erano i più colpiti dalla malattia, si propone un protocollo di cura del covid inadeguato in modo evidente. Questo è davvero un aspetto da sottolineare in quanto inspiegabile  dal punto di vista cognitivo,  emotivo e di procedura. Fin dalle prime fasi si sono sottovalutate e persino vietate le cure che alcuni medici avevano  approntato già all’inizio  della pandemia. A tutt’oggi si è privilegiato un protocollo ministeriale che consiglia “tachipirina e vigile attesa” per il malato di covid, protocollo che non cura, non blocca la malattia, non ne evita la diffusione e incrementa la paura del contagio.

Per quale motivo?

Si deve ad un avv. del Foro di  Napoli, Erich Grimaldi, l’aver riunito operatori sanitari che hanno condiviso importanti scelte terapeutiche che permettessero l’utilizzo di farmaci nelle fasi precocissime della malattia, anche prima della positività rilevata dal tampone e soprattutto nel proprio domicilio.  Il gruppo nasce il 14 marzo 2020 e il 19 aprile 2020 nasce il gruppo Facebook terapiadomiciliarecovid19 in ogni regione. Facciamo attenzione alle date, siamo nel primo e inquietante lockdown, nessuna rete televisiva ha mai parlato della possibilità di curare il covid a casa  fin dalle fasi precoci della malattia  e a tutt’oggi le reti televisive nazionali hanno taciuto tutti gli eventi pubblici di questo gruppo tesi a diffondere la consapevolezza nella popolazione della possibilità realistica di curare con successo a  casa una malattia che ha seminato e continua a seminare numerose vittime.

Come mai?

 Eppure a parlarne e ad implementare i protocolli del gruppo “terapia domiciliare” sono stati medici stimati. Possiamo citare  il prof. Luigi Cavanna di Piacenza, il prof. Luigi Garavelli di Novara, il prof. Claudio Puoti di Roma, nonché  il dott. Andrea Mangiagalli di Milano, in rappresentanza dei 150 “Medici in prima linea” della Lombardia,   il dott. Riccardo Szumski di Santa Lucia di Piave (Treviso), e tanti altri medici di altre regioni, come Campania, Marche, Toscana, Sicilia, Puglia, Lazio, che si sono aggiunti nel tempo al gruppo originario.

La scelta di tacere le possibilità di cura  appare priva di senso, inintelligibile e di sicuro spoglia il cittadino della possibilità di accedere alle risorse necessarie per ripristinare il suo stato di salute.

Inoltre rende inevitabili misure restrittive che tante ripercussioni hanno avuto e avranno sulla salute mentale dei singoli, nonché sul tessuto sociale nel suo complesso.

Se vogliamo offrire ai singoli e alla comunità la possibilità di riprendere un percorso di salute risulta indispensabile dare voce alle possibilità di cura, spiegare bene le modalità di azione del virus, quali sono le strategie migliori  di prevenzione e quelle di cura nel caso di infezione.

 Sarebbe bene far  presente che il vaccino non previene l’infezione, ma ne attenua nel caso la sintomatologia. Inoltre qui voglio solo sottolineare che  si chiama “vaccino” un farmaco che ha una modalità d’azione del tutto differente da quella che nella nostra tradizione connota il termine “vaccino” e anche questo andrebbe spiegato alla popolazione insieme alla sua  modalità d’azione, criticità, effetti a lungo termine, significatività del consenso informato.

Un’informazione completa ed esaustiva può ripristinare  l’attività legata al “pensare” e può  restituire alle persone la possibilità di scegliere quali siano le misure più idonee per preservare o ripristinare la propria salute.

La cura, la prevenzione, e soprattutto  un protocollo d’intervento reso disponibile a tutti può avere un effetto balsamico sulla paura, emozione preziosa che serve a tutelarsi, ma può indurre  acting out pericolosi se eccede nel panico. E la paura  può essere contenuta da un pensiero vigile, coerente, sensato, che tenga presenti i rischi e le possibilità di far fronte al pericolo, da provvedimenti coerenti che soddisfino la complessità del concetto di “salute”, da un’informazione equilibrata, capace di infondere coraggio e speranza.

“Cura” è protezione, rispetto, accortezza, coerenza, pensiero, considerazione degli aspetti emotivi, ed è anche il modo più idoneo  per generare “salute”.

“Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie
Dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo
Dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai

Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore

E guarirai da tutte le malattie
Perché sei un essere speciale
Ed io, avrò cura di te                                                  La cura, Franco Battia

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Psicologa Psicoterapeuta