Una notte del ’43, Giorgio Bassani
Un terribile fatto di sangue.
Ferrara, 15 dicembre del ’43. Viene ucciso il Console Bolognesi, ex Segretario Federale del Partito nazionale Fascista:“l’annuncio si era diffuso in città nel primo pomeriggio del giorno 15”.
Nel buio della notte serpeggia la sottile e gelida paura della rappresaglia. I cittadini chiusi in casa attendono, per le strade lo stridore delle camionette, le urla dei soldati, colpi di armi da fuoco.
La luce del mattino svelerà undici cadaveri riversi sull’asfalto, sorvegliati da militi indifferenti, circondati da parenti affranti, da passanti sgomenti.
Sul balcone di fronte al muretto dove si è compiuto il massacro un uomo, Pino Barillari. Farmacista, coniugato con una splendida donna corteggiata da tanti, colpito da paralisi e rimasto invalido, trascorre le sue giornate alla finestra e quella notte, quella notte del ’43 era lì, testimone immobile, lontano, silenzioso.
Anni dopo. Il 25 Aprile ha forzato una difficile riconciliazione, la guerra è finita, l’hanno vinta in pochi, in molti ne hanno festeggiato la fine.
L’aula del Tribunale è gremita, ancora la voce roboante che aveva squarciato il velo della terribile notte, l’autore della strage proclama la sua innocenza, tutti sanno chi si sia stato, Ferrara è una città di provincia, da anni il suo nome serpeggia funesto: Sciagura è il suo soprannome, contiene un destino.
Il sarcasmo e la boria dell’uomo si arrestano di colpo in quell’aula, quando incerto e zoppicante fa il suo ingresso Pino Barillari, l’uomo alla finestra, dimenticato testimone di quella notte.
Uno sguardo impercettibile tra i due e le fatidiche parole: “Dormivo”.
Sciagura è assolto, Barillari torna al suo balcone, ma c’è una persona che rifiuterà di seguirlo ancora, la moglie Anna, che inizierà a prostituire il suo corpo e al suo corpo affida la vergogna e la denuncia di quello che è successo.
“Dormivo”. Undici persone hanno perso la vita. Nessuno è colpevole. “Dormivo”
Pino Barillari, un personaggio inquietante con cui è difficile identificarsi. Tutti siamo pronti a giurare che al suo posto quel nome l’avremmo fatto, che avremmo smascherato l’autore della strage, che avremmo restituito dignità a quelle undici persone uccise in modo barbaro.
Eppure mettiamoci allo specchio con onestà, chiediamoci: “almeno qualche volta sono Pino Barillari?”
Credo che dovremmo risponderci di Sì.
Un Uomo è Pino Barillari ogni volta che si obbliga a fare cose che non vanno bene per lui, ogni volta che segue regole esterne che non condivide e che lo allontanano dall’autenticità del suo vero Sé, ogni volta che si costringe a girare il volto alla Verità interiore, lo è quando per convenienza fa scelte che non tengono conto della sua dignità e del rispetto che deve a se stesso, scelte che ignorano la dignità e il rispetto che deve all’Altro.
Forse quello specchio comincerà ad appannarsi e anche il nostro essere profondo ci dirà: “Dormivo”.
E se è possibile tradire se stessi, quanto è più facile tradire l’Altro, non vederne le ragioni e la sofferenza, ignorarne le istanze, trattarlo come inutile oggetto che si può distruggere, perché quello che ho già distrutto davvero è il mio Sé autentico, quello che ci fa dire orgogliosi : “Io sono quello”